Già nella premessa gli espliciti riferimenti legislativi svelano quale è lo spirito di questa riforma che prende di mira gli istituti professionali.
Una delle leggi di riferimento è il JOBS-ACT [per tramite del D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183.] , nello specifico gli articoli 41, 42 e 43, quelli che regolamentano l’apprendistato nelle istituzioni scolastiche.
Prima di andare oltre riprendiamo proprio questi articoli, citati nell’art.4, lettera c):
art 41. 1. “L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”. Una delle tipologie è proprio “apprendistato per la qualifica e il diploma professionale”.
Art. 42. “il contratto di apprendistato contiene, in forma sintetica, il piano formativo individuale (…). Il piano formativo individuale è predisposto dalla istituzione formativa con il coinvolgimento dell’impresa”.
Art. 43. “1. L’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale e il certificato di specializzazione tecnica superiore è strutturato in modo da coniugare la formazione effettuata in azienda con l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative che operano nell’ambito dei sistemi regionali di istruzione e formazione”;
“2. Posso essere assunti tutti i giovani che hanno compiuto i 15 anni di età”
“7. Per le ore di formazione svolte nella istituzione formativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo. Per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta”.
Che si intenda quindi svuotare di valore e significato la scuola nella sua interezza è un obiettivo che si sta perseguendo negli ultimi anni in maniera travolgente e sorda dai governi di turno, prescindendo dal colore politico e dagli orientamenti ideologici. Il comune denominatore è l’asservimento della scuola al mondo del lavoro, usato ad alibi per snaturare processi di apprendimento critici ed autonomi. A tal scopo aumentano le ore da dedicare all’alternanza scuola lavoro passando dalle attuali 400 per tutto il triennio all’aumento sostanziale strutturato in diverse forme, anche utilizzando la formula della “flessibilità”, e iniziando il processo già dal secondo anno. Tutto ciò a scapito delle materie umanistiche e di area generale, così come meglio documentato negli allegati A e B facenti parte integrante del testo in oggetto.
Aumenta l’ingerenza del privato che di fatto può ergersi ad istituzione formativa, sostituirsi alla scuola, assumendo gli studenti con contratti di apprendistato senza retribuizione.
Per adattare quindi la scuola all act era necessaria una riforma proprio degli istituti professionali, iniziando dal Piano Educativo Individuale, come viene annunciato già dall’articolo 1. con il principio della “personalizzazione educativa”.
Una scuola costruita quindi attorno a confindustria, dove eufemisticamente si inneggia ad una maggiore vicinanza del mondo della scuola a quello del lavoro, come se la “distanza” fosse la causa della disoccupazione. In pratica si sdogana una volta per tutte la pratica dello sfruttamento minorile, del lavoro nero e del caporalato! Con la paradossale conseguenza di una diminuizione dei posti di lavoro nelle attività ove oramai si utilizza la cattiva pratica del lavoro non retribuito.
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